sabato 3 dicembre 2011

Democrazia è partecipazione.

Democrazia e partecipazione. Democrazia “è” partecipazione. Un segnale inequivocabile di come sia impossibile avere una visione cristallizzata di una forma di governo così delicata, il cui fine è la ricerca della modalità migliore con la quale attribuire al popolo la potestà effettiva di governo: si tratta ora di capire quale espressione di democrazia possa meglio indicare lo stato e il ruolo del cittadino italiano nella società odierna.

Il cittadino e lo Stato. Il cittadino “è” lo Stato. Un semplice ”accento” il cui significato rappresenta forse la più grande conquista del diritto nella storia recente. Una traccia d’inchiostro, poco più visibile di un punto, in grado di travolgere il concetto stesso di società umana e Stato. E’ l’accento posto sulle liberalità e libertà, sui diritti e doveri dei cittadini sanciti nella Carta. S’impone, dunque, l’idea che esista il “cittadino partecipante”, rappresentante di se stesso e unico e solo protagonista del processo decisionale.

Attraverso la partecipazione diretta, il cittadino prende parte attivamente e volontariamente al miglioramento del contesto in cui proietta se stesso. D’altro canto, la Costituzione tutela l’individualità del cittadino, legittima la mobilitazione dal basso, impone l’uguaglianza di condizione in tutte le forme. Ci si avvia, finalmente, alla realizzazione concreta di quella democrazia partecipativa (o diretta) così agognata e perciò repressa dai totalitarismi del passato.

Sorge, di fatto, un problema: esiste un rapporto inverso tra efficacia del partecipare e numero di partecipanti. Questo rapporto è espresso con una frazione, nella quale il numeratore è 1 (il singolo partecipante) e il denominatore registra il numero degli altri partecipanti. In un contesto di 5 o 10 partecipanti, l’influenza dell’individuo sarà di 1/5 o di 1/10; si avrà dunque un potere decisionale “forte”. Ma che succede se questi diventano cento, mille, un milione? In un tale universo, la nozione di “essere parte” si perde nell’anonimato; la singola partecipazione diventa ininfluente, insignificante, non indispensabile. Essere partecipe del milionesimo di una decisione, non ha francamente senso.

Nei fatti la democrazia partecipativa si rivela inattuabile, mera utopia campanelliana in un sistema massificato, come il nostro. Reduci da tale fallimento, non resta che prendere atto di quanto occorra ricercare un nuovo strumento di cittadinanza attiva: la democrazia referendaria ed elettorale (nota semplicemente come “indiretta”).

Ciò comporta che diventi compito dello Stato responsabilizzare al massimo il cittadino attraverso i mezzi necessari perchè lo renda colonna portante del sistema, capo architetto della progettazione sociale, politica, culturale ed economica del paese. Il singolo è chiamato a sostenere la drammaticità del voto, frutto naturale della libera scelta e di una maturità e consapevolezza che devono essere raggiunte appieno. E’ il voto che segna uno Stato, non il votato. E’ così che il potere di determinazione del cittadino riacquista, alla fine, la sua grandezza originaria.

Consapevolezza e informazione. Consapevolezza “è” informazione. Ancora una volta si tratta di mettere un accento che unisca gli intenti e che faciliti l’individuazione dei principi sui quali fondare il nostro agire, per il recupero di una credibilità e sicurezza, che al momento sembrano smarrite. Cerchiamo l’informazione e non subiamola, per far si che la democrazia non si trasformi in un trionfo della mediocrità. Solo attraverso tale sforzo collettivo, si giungerà alla vera libertà civile.

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