lunedì 19 dicembre 2011

LA NUOVA GENERAZIONE & " MAFIOSITA' "


Vivo nella ferma convinzione che la mia sia una generazione “dannata”, non tanto per le insistenti crisi economiche e la mancanza di prospettive lavorative, dovuta a un mercato sempre più ridotto e spietato, ma in quanto si è persa la consapevolezza civile del ruolo dei giovani all’interno della società. Essi dovrebbero rappresentare la base sulla quale lo Stato può svilupparsi in altezza e tendere ad un continuo miglioramento qualitativo attraverso nuove idee ed entusiasmi. E’ frustrante accorgersi di come le potenzialità dell’ultima generazione vengano soffocate, deviate da un sistema omologato e massificatore, per certi versi voluto. La mancanza di spessore culturale ed ideologico dell’attuale classe dirigente, l’uso strumentale e stereotipato dei mass media tendente alla spettacolarizzazione delle problematiche del paese,  concorrono a desensibilizzare i nuovi cittadini portandoli o ad un approccio superficiale e improduttivo che non porta ad analizzare l’origine di un problema ma solo a lamentarne gli effetti o peggio ancora, all’indifferenza e alla passività. Ritengo che sia compito del cittadino responsabile spingersi oltre le apparenze, oltre la “verità” che un sistema politico, percepito affarista e convenzionato, cerca di imporgli per mezzo del monopolio dei mezzi di comunicazione. Si deve cercare l’informazione e non subirla, per far si che la  democrazia non arrivi trasformarsi in un “trionfo della mediocrità”.
E’ necessario recuperare (promuovendo la cultura, l’educazione civica e la presenza costante delle istituzioni) una sensibilità che sembra persa, risvegliare una coscienza civile dal torpore del qualunquismo, provare indignazione e vergogna contro tutto ciò che è sbagliato e che inquina il contesto in cui il cittadino si forma.
Lo stato italiano da sempre convive con una patologia che sembra inestirpabile: il fenomeno mafioso. Una presenza così capillare sul territorio da contaminarne le istituzioni, fino a indurre esponenti politici di primo piano ad affermarne la non esistenza. Solo attraverso un’estenuante battaglia decennale si è giunti a comprenderne le radici, i meccanismi, le basi economiche, i retroscena politici. Nonostante tutto, troppi dei delitti compiuti per mano mafiosa non hanno mai trovato chiarezza, abbandonati a un graduale insabbiamento da parte dell’opinione pubblica “controllata”, di fronte all’impotenza della magistratura e ai drammatici sospetti sulla complicità delle istituzioni. Così quel cittadino che non vive sulla propria pelle il problema, istintivamente sarà portato a ignorarlo, a considerarlo un “fatto di televisione”, mentre il cittadino che subisce la mafia in via diretta viene lasciato solo, nell’indifferenza generale. E chi la combatte spesso è lasciato solo. L’indifferenza è forse l’arma più potente della mafia.
L’eccidio di Portella delle ginestre  è sicuramente uno degli esempi più eclatanti di come fin dal primissimo dopoguerra l’italia, come società civile, abbia dovuto far fronte a gravissimi atti criminali a fini sovversivi e intimidatori nei confronti di un sistema neonato e fragile nelle fondamenta. Un sistema debole che ha ceduto troppo facilmente all’infiltrazione mafiosa in tutti i livelli amministrativi, nonostante i clamorosi arresti e gli improvvisi scandali che in più occasioni hanno colpito al cuore della politica italiana. E’ solo la scalfittura della punta di un iceberg.
La strage di Portella delle ginestre, avvenuta simbolicamente il 1 maggio,  assunse nel corso degli anni una gravità sempre maggiore in quanto, man mano che proseguivano le indagini (anche dopo il processo di Viterbo), ci si rese conto della parte attiva svolta dallo Stato, forse addirittura il mandante che aveva armato gli uomini di Giuliano, esecutori della strage. Ipotesi altrettanto agghiaccianti vorrebbero la partecipazione dei servizi segreti americani, dei MAS, degli agrari siciliani e dei mafiosi sotto il tacito consenso dello Stato. Le morti misteriose e irrisolte di Giuliano e del suo luogotenente Pisciotta, le innumerevoli accuse e smentite, la poca linearità con cui fu condotto il processo, contribuirono a creare ulteriori ombre sul ruolo che le istituzioni ricoprirono in tale vicenda. E’ indubbio che Portella delle ginestre non sia stato nè il primo né l’ultimo attentato alla società civile: molti altri ne sono seguiti di stampo terroristico, mafioso e ideologico. Ma per quanto possa essere diversa la matrice e il “movente” di tali atti criminali, resta, senza soluzione, la stessa e pungente domanda: lo Stato dov’era?
Personalmente ritengo che non sia in questi termini la questione da porsi. Non si tratta di capire quale sia la reale entità dello Stato sul territorio ma quale sia l’identità con la quale si manifesta al cittadino. Lo Stato presenta due anime antagoniste: da un lato lo “Stato delle Poltrone” affarista e corrotto dai compromessi e dalle convenienze, soggiogato al conflitto d’interesse e alle lobbies, dall’altro lo “Stato d’Azione” dedito all’impegno civile e dei valori etici, del lavoro e della lotta alla criminalità, che si erge difesa dei diritti e delle libertà costituzionali. Per far sì che l’anima “buona”  prevarichi sull’altra è indispensabile l’inizio di una nuova cultura politica che miri alla responsabilizzazione del cittadino, una pratica di governo che si fondi su virtù pubbliche e non su vizi privati, che sia al servizio del cittadino e non mercenaria. La nuova generazione, di cui mi sento parte, ha bisogno di modelli comportamentali ai quali ispirarsi, personalità e non personaggi che diano il classico “buon esempio” e che permettano di far recuperare una credibilità e sicurezza della classe dirigente che sembrano da troppo tempo smarrite. La storia drammatica della nostra Repubblica non deve essere lasciata sui libri riducendosi ad un arricchimento fine a se stesso, ma deve costituire le fondamenta sulle quali si può e  si deve costruire un’identità, una cultura personale dal forte spirito critico che abbia un uso strumentale ma nobile, affinché possa essere utilizzata come cura contro l’ignoranza e l’apatia, i primi sintomi di un modo di fare “mafioso” che, visti i tempi che corrono, è considerato una comodità e non condannato.

mercoledì 14 dicembre 2011

Verde di speranza e di mappamondo.

La strage di Firenze.
Ne hanno parlato tutti.
Sappiamo tutti cosa è successo, tutti siamo ancora con gli occhi sgranati,increduli.
Come è stato possibile, cosa c'è dietro.
Il razzismo, l'odio, l'intolleranza, l'estremismo,il fanatismo, la follia.
C'è una cosa di cui pochissimi hanno scritto e parlato.
Come ha dormito stanotte Firenze?
Come si è svegliata,con quali angosce , con quali pensieri.
Bella, ,impermeabile alla foga del tempo, pare non invecchiar mai.
Firenze ha un cuore grande.
Dubito che in altre parti d'Italia la gente avrebbe chiuso bottega per degli stranieri, degli immigrati, degli extracomunitari morti per mano di un folle, di un malato di mente,complice un caso bastardo.
Immigrati, stranieri, questa parola ci riempie la bocca e ci svuota il cervello.
Stretti nei nostri bei cappotti neri o blu  ci scapicolliamo in chiesa in tempo per l.a messa la domenica mattina, indossando da sotto le nostre camicie e gioielli migliori facendo attenzione a varcare la soglia prima dell'ultimo rintocco della campana.
Entriamo e salutiamo gli amici ,baciamo la fronte ai bambini ,ci scambiamo il segno di pace con chicchessia senza nemmeno guardarlo negli occhi , perchè per le mani c'è l'amuchina o il sapone , per gli occhi ahimè niente di tutto questo.
Guardiamo il crocifisso, ci alziamo per l'omelia e lentamente la predica del sacerdote ci scivola addosso come un velluto, come un vestito di seta nuovo di zecca.Si infila dappertutto, nelle pieghe dei nostri vestiti,nelle , nelle tasche del nostro bel soprabito blu o nero.
Sale fin su per le narici fino ai nostri capelli ma nella nostra testa tutti i cancelli, tutte le porte sono serrate.
La predica trapassa leggiadra il fondotinta e si impossessa dei nostri pori ,poi scende giù e senza incertezze sfonda  la dura suola delle nostre scarpe, scioglie i lacci e si acquatta lì, innocente ed immobile fino alla domenica successiva.
Le parole della Bibbia proferite abitualmente da un prete stanco e senza inventiva giacciono lì, calpestate e assopite,asfissiate da un sudore che non risparmia neanche i sassolini.
Nemmeno le sentiamo più agitarsi e divincolarsi sotto le nostre dita.
Poi il prete dice : andate in pace " e la messa è finita.
Ci affrettiamo ad uscire dalla chiesa: la nostra domenica con gli amici ci aspetta.
Dio diceva di amare il prossimo.
Non specificava se bianco o giallo, rosso o nero.
Dio diceva che solo l'amore ci può salvare.
In una giornata di lutto e indignazione  una cosa così piccola  ma tanto significativa può tuttavia risollevarci il morale.
I cittadini di Firenze.
Quei commercianti, fiorai, panettieri che sebbene ci sia la crisi, si debba andare in pensione più tardi, sia periodo di regali, oggi hanno chiuso bottega per lutto.
Mi vengono in mente altri luoghi della nostra bellissima Italia, troppo vicini  o troppo lontani in cui quasi nessuno avrebbe fatto lo stesso; persone  per  cui la vita di 2 senegalesi non vale neanche la metà di una giornata di lavoro.

 C'è chi vede la storia tutta al contrario,ma d'altronde  diceva  Nietschze, non esistono fatti ma solo interpretazioni.
C'è chi si autodefinisce un popolo che lotta per l'autodeterminazione,contro gli sprechi e le ingiustizie di Roma ladrona.
Il "popolo" dei raduni  color verde acido dove si sprecano  cori razzisti contro quei meridionali  che hanno creato la mafia,quelle  scimmie sottosviluppate,quelle sanguisughe assatanate che hanno aspirato fino all'ultima goccia del loro sudore .
Il Sud , questo fardello insostenibile.
Mi domando se queste persone di fronte a queste immagini, di fronte alle dichiarazioni degli stessi fiorentini, alla compostezza, al riguardo esemplare della comunità senegalese si siano fatti qualche domanda.
Mi chiedo se dopo aver letto i giornali( voglio essere ottimista) o ascoltato la radio queste persone abbiano aperto l'armadio  e guardato per un istante il loro cappellino, il loro fazzoletto o la propria bandiera.
Non bruciato, tagliato o accartocciato.Solo guardato.
Dicono che il verde sia il colore della speranza.
Io voglio ancora averne tanta, voglio ancora sperare che qualche neurone possa  ancora rigenerarsi.
Voglio poter credere che quel verde acido tanto glamour   quanto antipatico, diventi un colore bello come gli altri.
Voglio che quel verde diventi  uno dei colori del  mappamondo insieme al giallo, al marrone e all'azzurro, voglio che sia il colore  dell'erba fresca di rugiada, delle chiome degli alberi al'inizio di maggio.

Non basta un solo colore a  far la bandiera di un popolo vero.
Ne servono almeno 2.
O 3 ,il che è ancora meglio.
Da solo  quel verde acido  fallisce in toto  il suo  miserabile tentativo di comunicare un'identità.:  in compenso ricorda  (sol)tanto stuoli  impazziti di cappellini e  di quadrifogli appuntiti, , feste di tricolori bruciati e di miss dai capelli resistenti alla nebbia.
C'è chi potrebbe ribattere che dietro un colore si nascondono mille cose: un'ideologia, una cultura,una visione del mondo, persino un programma politico, azzarderebbe qualcuno.
L'ideologia,pace all'anima sua ha abbandonato da tempo gli scenari della politica; e un colore ,qualunque esso sia rimane pur sempre un colore.Che sbiadisce con i raggi del sole e i lavaggi del tempo,che prima o poi passa di moda e finisce nell'immondizia o nei contenitori della parrocchia,assieme a bandiere strappate,cappellini bucati e maglioni verdi infeltriti.

domenica 11 dicembre 2011

Con il nastro bianco.

Con il nastro bianco.


La piazza Rossa è gremita di gente.
Al termine della campagna elettorale che ha visto trionfare  il delfino di Zar Vladimir del partito Russia Unita , ottenendo ben 238 seggi in parlamento su 450 ,si capisce che forse qualcosa finora non ha funzionato come avrebbe dovuto.
C'è chi CONTESTA e non ha paura.
Un nastrino bianco al collo,al polso,ai bottoni del cappotto,al manico della cartella.
Chi brucia bandiere chiedendo giustizia ed equità.
Sono Decine di migliaia  nonostante nevichi e la temperatura sia sotto lo zero.
Questo dato, non insignificante già  dovrebbe farci riflettere parecchio.
Anche la  grande,austera  ed esoterica Russia s'indigna.
In realtà è una vita che lo fa, solo che non se ne parla.
O meglio se ne parla a bassa voce,in modo che non tutti possano sentire.
Se ne parla all'orecchio di chi  non andrà a raccontarlo ai giornali; a chi terrà la bocca chiusa e la penna al proprio posto , con il tappo avvitato sullo scrittoio.
Fatto sta che oggi nemmeno il freddo pungente e le strade coperte di neve sono riusciti a fermare chi voleva scendere in piazza per  il proprio paese per esprimere il proprio dissenso dinanzi a un sistema malato e corrotto,per tentare di risollevare le sorti di un Paese in cui essere cittadini attivi e  consapevoli diventa ogni giorno più duro,più faticoso,più impossibile e insopportabile.



Un paese la cui cultura mi ha da sempre attratto in maniera particolare, la cui letteratura mi lascia sempre con il fiato sospeso,le cui vicissitudini storiche apprese dai libri di storia  non hanno mai cessato d'affascinarmi.
Un paese che ha dato i natali a regine,poeti, scrittori, scienziati,che  al mondo ha dato tanto e può ancora dare moltissimo; ma anche un paese dove si  muore ancora di fame e di freddo, dove la terra, finito il disgelo, truce e silente restituisce, simili a macabre statue di ghiaccio, i corpi  dei senzatetto sepolti  sotto la neve.
Un paese dove raccontare una verità scomoda equivale a un reato e  può costare la vita; in cui più di tutto conta l'approvazione da parte di chi siede ai vertici.
Un territorio immenso in cui  il rispetto dei diritti umani, civili e politici assomiglia di giorno in giorno a un miraggio e la mancata  attuazione dei principi costituzionali sembra ormai  diventata la regola.
Un paese dove tutto è proibito e tutto è autorizzato.
Nell'aria c'è ben altro oltre al gelo dell'inverno e la gente lo ha capito da tempo.
Giubbotti, cappelli, sciarpe tirate su fino a coprire il viso ma quanto basta per lasciare liberi gli occhi.
Occhi dinanzi ai quali si consuma l'ennesimo trionfo di una dittatura travestita da democrazia ,dinanzi a cui si assiste inermi al  progredire di un cancro  che mira ad   uccidere e  corrodere fino alle ultime cellule la classe dirigente russa. 
Un  orrendo male il cui estendersi marcia di pari passo con lo sviluppo scientifico e tecnologico, con la  nascita del ceto medio , in modo diretto e proporzionale al   crescente rilievo della Russia sul panorama economico internazionale.
I Russi sono stanchi e lo gridano a gran voce.
Anche i cancri prima o poi si fermano.
O si combattono e si tengono sotto controllo oppure si lascia che facciano il loro corso.
Di fatto questo cancro , che ha avuto il tempo di progredire così a lungo,ha già corroso la classe politica e con un ritmo incessante sta già ammazzando la neonata classe media.
Recita la Costituzione Russa:
Articolo 2 
L’uomo, i suoi diritti e le sue libertà costituiscono il valore più alto. Il riconoscimento, il rispetto e la difesa dei diritti e delle libertà dell’uomo e del cittadino sono un dovere dello Stato. 

Articolo 3 
Titolare della sovranità ed unica fonte del potere nella Federazione Russia è il suo popolo plurietnico. Il popolo esercita il proprio potere direttamente ed anche attraverso gli organi del potere statale e gli organi di autogoverno locale. Massima espressione diretta del potere del popolo sono il referendum e le libere elezioni. Nella Federazione Russa nessuno può appropriarsi del potere. L’usurpazione del potere o l’approvazione di poteri plenipotenziari sono puniti in base alla Legge federale. 

Articolo 13 
1. Nella Federazione Russa è riconosciuta la multiformità ideologica. 


Articolo 29 
A ciascuno è garantita la libertà di pensiero e di parola. Non è ammessa la propaganda o l’attivismo che inciti all’odio ed all’ostilità sociale, razziale, nazionale o 
religiosa. E’ proibita la propaganda della superiorità sociale, razziale, nazionale, religiosa o linguistica. Nessuno può essere costretto ad esprimere le proprie opinioni e convinzioni od a rinunciare ad esse. Ciascuno ha diritto di cercare, ricevere, trasmettere, produrre e diffondere liberamente l'informazione con 
ogni mezzo legale. L'elenco delle informazioni che costituiscono segreto di Stato è determinato dalla Legge federale. E’ garantita la libertà dell'informazione di massa. La censura è proibita. 

Lo spettro di una costituzione   invisibile,di un'evoluzione e di un progresso solo di facciata che tormenta chi vuole semplicemente poter fare il proprio lavoro, tornare a casa la sera e poter dire ai figli : io sono felice di vivere in  Russia."
Di essere un cittadino russo.
Di poter fare  qui, nel  paese più bello che esista,il lavoro per cui sono nato, che mi piace  più di ogni altro al mondo,liberamente , senza temere che quella potrebbe essere l'ultima sera con la mia famiglia.
La censura è proibita.
Mi fermo qui.
Dasvidanja.

martedì 6 dicembre 2011

SISTEMI ELETTORALI IN ITALIA ED IN EUROPA



-“PRIMA REPUBBLICA”: Dal 1945 al 1992 in Italia è stato adottato il sistema proporzionale , espressione del parlamentarismo compromissorio che per molti anni ha caratterizzato la realtà politica italiana. Tuttavia, per quanto il sistema proporzionale garantisse un'effettiva rappresentanza, è statofortemente criticato per l'instabilità dei Governi, troppo legati alle istanze dei piccoli partiti, che garantivano la maggioranza all'esecutivo e pertanto avevano un elevato potere di “ricatto”.

-“SECONDA REPUBBLICA”: Le trasformazioni della società italiana con il superamento delle iniziali contrapposizioni ideologiche, la crisi dei partiti (v. tangentopoli) e le crescenti difficoltà di funzionamento del parlamentarismo compromissorio hanno portato ad una spinta verso un sistema maggioritario.
Tale spinta ha avuto la sua più alta tensione politica con il referendum elettorale del 1993 riguardante alcune norme della legge elettorale del senato la cui abrogazione veniva a formare un sistema maggioritario-uninominale (percentuale di sì dell’80%).  Perciò la successiva legge Mattarella accolse “L’indirizzo popolare”. Ma ebbe breve vita.

1)  l.  n. 276- 277/1993  (Legge Mattarella)  à SISTEMA MISTO (MAGGIORITARIO): 75% del totale dei seggi attribuito in collegi uninominali con il maggioritario a turno unico; restante 25%  ripartito con metodo proporzionale. (Prevedeva  l'intricato meccanismo dello “scorporo” per cui i candidati sconfitti nei collegi uninominali potevano accedere in Parlamento con il “paracadute” del proporzionale, poiché le candidature plurime erano consentite dalla legge.)

2)  l.  n. 270/2005  (Legge Calderoli)   à   SISTEMA PROPORZIONALE
Definita “Una porcata” dallo stesso Calderoli. Prevede:
·        LISTE “BLOCCATE” per cui l’elettore vota per una elle liste in competizione ma non può esprimere alcuna preferenza per i candidati. Questi non solo sono scelti dai capi di partito ma a questi spetta anche la loro collocazione in lista (con le conseguenti speranze di elezione).
·        CLAUSOLE DI SBARRAMENTO ELEVATE che hanno impedito a piccoli partiti/coalizioni di partiti di entrare in parlamento: unico ad avercela fatta al di fuori delle due grandi coalizioni è stato l’udc.
·        PREMIO DI MAGGIORANZA per cui viene garantito un minimo di 340 seggi alla Camera dei Deputati alla coalizione che ottiene la maggioranza relativa dei voti. Per quanto concerne il Senato, il premio di maggioranza è invece garantito su base regionale, in modo da assicurare alla coalizione vincente in una determinata regione almeno il 55% dei seggi ad essa assegnati.



1)    SISTEMA  ELETTORALE  FRANCESE

Nel 1958, all'inizio della sua V Repubblica, la Francia ha adottato un sistema
maggioritario “a doppio turno” per l’elezione di 577 membri dell’Assemblea
Nazionale e 315 Senatori. E’ un sistema bicamerale perfetto in quanto le due
Camere hanno gli stessi poteri con un’unica eccezione: è la sola Camera Bassa
(Assemblée Nationale) che vota la fiducia al Governo.
Per quanto riguarda l’Assemblée Nationale, i collegi sono di tipo uninominale ed il
meccanismo è il seguente: al primo turno, viene eletto il candidato che ottiene il
50%+1 delle preferenze, ma solo se tale percentuale corrisponde al 25% degli
iscritti nelle liste elettorali. In caso contrario, si va al secondo turno (il cosiddetto
ballottaggio), a cui accedono i partiti che superano la soglia del 12,5%. Se soltanto
un partito (a cui è collegato il candidato della lista) supera la soglia, al secondo
turno accedono i primi due partiti.
Al ballottaggio, vige il meccanismo della maggioranza relativa: vince chi ottiene il
maggior numero di consensi.
Tale meccanismo consente sicuramente minor dispersione nelle scelte, ma d'altro
canto tende a ridurre in maniera evidente la rappresentanza.
I Senatori sono invece eletti per suffragio universale indiretto ovvero dai Grandi
Elettori che sono stati eletti per suffragio diretto. Tra gli altri, i rappresentanti dei
Comuni, i Consiglieri Generali, i Consiglieri Regionali ed i Deputati.
Per le presidenziali infine, accedono al ballottaggio i due candidati più votati al
primo turno. Viene nominato presidente il candidato che al secondo turno ottiene la
maggioranza delle preferenze.

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 Diversamente dagli altri presidenti europei, l'ufficio del Presidente della Repubblica Francese
detiene un vero potere, specialmente nel campo della politica estera. Benché il Primo Ministro e il
parlamento detengano la maggior parte del potere legislativo ed esecutivo, il presidente francese
mantiene una forte influenza.
Il potere più importante esercitato dal presidente è la nomina del Primo Ministro.
Tra gli altri poteri, il Capo dello Stato Francese è il detentore di una parte del potere esecutivo, il
capo delle forze armate francesi e la più alta carica della magistratura.



2)     SISTEMA  ELETTORALE  INGLESE
Il sistema elettorale inglese è puramente maggioritario. È un sistema bicamerale
imperfetto in quanto le due Camere non dispongono di pari poteri. La Camera Alta
non può bloccare indefinitamente l’approvazione di una legge, ma solo ritardarla.
I 651 componenti della Camera Bassa (Camera dei Comuni) vengono eletti nei
rispettivi collegi. Il territorio è appunto suddiviso in 651 collegi ed ogni seggio
viene attribuito al candidato che ottiene più voti (formula plurality).
Nella Camera Alta del Parlamento Britannico (Camera dei Lords), i membri non
vengono eletti ma siedono per titolo.
Un meccanismo semplice che garantisce una maggioranza salda per tutta la legislatura, ma che tende ad annullare la rappresentanza di altre forze politiche.


3)    SISTEMA  ELETTORALE  TEDESCO:
La Repubblica Federale Tedesca è l'esempio più indicato laddove si parla di sistema
elettorale “misto”, ossia convivono quote proporzionali e quote maggioritarie.
È un sistema bicamerale imperfetto. La Camera Bassa, il Bundestang, ha un numero
di deputati che varia a seconda dei risultati circoscrizionali ed è l'unica che può dare
o negare la fiducia al Governo. La Camera Alta, il Bundesrat, è invece una
rappresentanza delle regioni, racchiude cioè al suo interno i componenti dei governi
regionali e deve essere coinvolta nella legislazioni in tutti i casi in cui una legge
tocca gli interessi regionali.
Per il Bundestang l'elettore deve esprimere due preferenze: una per la lista e l'altro
per il candidato al collegio uninominale. L'attribuzione di 299 seggi (su un totale di
598) avviene proprio nei collegi uninominali, dove vince il candidato che ha
ottenuto la maggioranza relativa dei voti. Gli altri 299 seggi, invece, vengono
ripartiti su base proporzionale con sbarramento al 5%.
Il sistema elettorale tedesco, dunque, viene spesso definito un “proporzionale
corretto in senso maggioritario”.

4)    SISTEMA ELETTORALE SPAGNOLO
In Spagna vige un sistema elettorale totalmente proporzionale, con limite di
sbarramento al 3%.
Il territorio spagnolo è suddiviso in 52 province e ciascuna rappresenta una
circoscrizione, che elegge un numero ridotto di parlamentari (una provincia di
media grandezza non ne può esprimere più di 10 da suddividere tra le diverse forze
politiche). Sono perciò favoriti quei partiti che mantengono un forte impianto sul
territorio o i partiti maggiori, cui resta comunque la possibilità di alleanza con le
forze minori.
È un bicameralismo imperfetto, composto da una Camera Bassa (Congreso de los
Diputados), che è la sola che può dare o negare la fiducia al Governo, ed una
Camera Alta (Senado) che concorre solo in via eventuale al procedimento
legislativo e non può impedire in modo definitivo l'approvazione di una legge.
È evidente, pertanto, che tale modello garantisce da un lato stabilità dei governi e
dall'altra ampia rappresentanza alle forze di carattere locale, molto presenti inSpagna.


DOVE  LE  “LISTE BLOCCATE”?
Vediamo in dettaglio come funziona tra i paesi vicini: 
In Spagna le liste per la Camera bassa, il Congreso de los Diputados, non solo sono bloccate, ma sono anche piuttosto «corte», perchè va garantita la rappresentatività di tutte le circoscrizioni, che sono tante. Gli elettori non possono modificare l'ordine di presentazione dei candidati, nè esprimere preferenze per candidati appartenenti a liste diverse da quella votata.

In Germania, i cittadini che vanno alle urne per eleggere i rappresentanti del Bundestag dispongono di due suffragi, il «primo voto», (Erststimme), per eleggere il candidato nel collegio uninominale, e il «secondo voto», (Zweitstimme), per esprimere la preferenza per una delle liste di partito presentate nel Land di appartenenza. È ammesso il voto disgiunto, ma l'elettore non può modificare l'ordine di candidature risultante dalla lista.

Presenti in Portogallo
Niente liste bloccate invece in Francia.
Nello UK per eleggere i rappresentanti della Camera dei comuni non ci sono liste bloccate. La formula elettorale è quella della cosiddetta «plurality»: vince il candidato che nel singolo collegio uninominale conquista la maggioranza semplice

sabato 3 dicembre 2011

Democrazia è partecipazione.

Democrazia e partecipazione. Democrazia “è” partecipazione. Un segnale inequivocabile di come sia impossibile avere una visione cristallizzata di una forma di governo così delicata, il cui fine è la ricerca della modalità migliore con la quale attribuire al popolo la potestà effettiva di governo: si tratta ora di capire quale espressione di democrazia possa meglio indicare lo stato e il ruolo del cittadino italiano nella società odierna.

Il cittadino e lo Stato. Il cittadino “è” lo Stato. Un semplice ”accento” il cui significato rappresenta forse la più grande conquista del diritto nella storia recente. Una traccia d’inchiostro, poco più visibile di un punto, in grado di travolgere il concetto stesso di società umana e Stato. E’ l’accento posto sulle liberalità e libertà, sui diritti e doveri dei cittadini sanciti nella Carta. S’impone, dunque, l’idea che esista il “cittadino partecipante”, rappresentante di se stesso e unico e solo protagonista del processo decisionale.

Attraverso la partecipazione diretta, il cittadino prende parte attivamente e volontariamente al miglioramento del contesto in cui proietta se stesso. D’altro canto, la Costituzione tutela l’individualità del cittadino, legittima la mobilitazione dal basso, impone l’uguaglianza di condizione in tutte le forme. Ci si avvia, finalmente, alla realizzazione concreta di quella democrazia partecipativa (o diretta) così agognata e perciò repressa dai totalitarismi del passato.

Sorge, di fatto, un problema: esiste un rapporto inverso tra efficacia del partecipare e numero di partecipanti. Questo rapporto è espresso con una frazione, nella quale il numeratore è 1 (il singolo partecipante) e il denominatore registra il numero degli altri partecipanti. In un contesto di 5 o 10 partecipanti, l’influenza dell’individuo sarà di 1/5 o di 1/10; si avrà dunque un potere decisionale “forte”. Ma che succede se questi diventano cento, mille, un milione? In un tale universo, la nozione di “essere parte” si perde nell’anonimato; la singola partecipazione diventa ininfluente, insignificante, non indispensabile. Essere partecipe del milionesimo di una decisione, non ha francamente senso.

Nei fatti la democrazia partecipativa si rivela inattuabile, mera utopia campanelliana in un sistema massificato, come il nostro. Reduci da tale fallimento, non resta che prendere atto di quanto occorra ricercare un nuovo strumento di cittadinanza attiva: la democrazia referendaria ed elettorale (nota semplicemente come “indiretta”).

Ciò comporta che diventi compito dello Stato responsabilizzare al massimo il cittadino attraverso i mezzi necessari perchè lo renda colonna portante del sistema, capo architetto della progettazione sociale, politica, culturale ed economica del paese. Il singolo è chiamato a sostenere la drammaticità del voto, frutto naturale della libera scelta e di una maturità e consapevolezza che devono essere raggiunte appieno. E’ il voto che segna uno Stato, non il votato. E’ così che il potere di determinazione del cittadino riacquista, alla fine, la sua grandezza originaria.

Consapevolezza e informazione. Consapevolezza “è” informazione. Ancora una volta si tratta di mettere un accento che unisca gli intenti e che faciliti l’individuazione dei principi sui quali fondare il nostro agire, per il recupero di una credibilità e sicurezza, che al momento sembrano smarrite. Cerchiamo l’informazione e non subiamola, per far si che la democrazia non si trasformi in un trionfo della mediocrità. Solo attraverso tale sforzo collettivo, si giungerà alla vera libertà civile.

Il canto delle cicale.

Scriveva Gogol in Prospettiva Nevskyj:


"Voi pensate che quel signore che passeggia in un soprabito splendido sia ricco?Neanche per sogno, il soprabito è tutto quello che ha." 

Ebbene si: un bel soprabito,una bella borsa, un paio di scarpe firmate in molti, troppi casi è tutto quello che abbiamo.
 Ne siamo contenti, tanto da non poter neanche pensare di farne a meno.
Beato chi ancora può.
Poco importa per chi non può: un coppone e passa la paura.
Il debito, la  bacchetta magica che ci da l'illusione di poter fare tutto (ma proprio tutto) quelloo che vogliamo.
Comprarci la barca o comprarci la luna,o tutte e due.
che cosa importa?
tutto è possibile , basta chiedere( in prestito).
La filosofia del "poi si pensa", del "c'è tempo"; filosofia che ci fotte, tutti quanti.
Anche in tempi di crisi , ci ostiniamo a voler  fare il passo più lungo della gamba.
A chiedere,sempre di più "perchè la vita è una sola", perchè" ce la dobbiamo godere ad ogni costo" .
 Una continua patetica gara a chi ha la macchina più bella, la giacca più costosa, il sassolino in più che fa la differenza, che ci fa sentire un gradino più su rispetto ad un operaio che fatica ad arrivare a fine mese, che ci porta a esclamaRE"Io ancora qualche lusso posso concedermelo".(A spese di chi?)
La gara dei vizi e dei vezzi.
Cicale  che si ostinano a cantare a squarciagola, in barba alle  proprie corde vocali.
Nel frattempo l'estate è finita e  l'inverno è alle porte.
 Prestiti per una casa come per una borsa , un orologio di oro.
Molti  giovani sembrano essere abili solo a pretendere.
I più "audaci"  si arrogano quasi il diritto di poter spremere le proprie famiglie come limoni fino all'ultima goccia.
Terrificante notare come tutto abbia esattamente lo stesso valore.
E' tutto diventato normale : un debito per andare in vacanza, un debito per comprarsi lo yacht, un debito per un televisore al plasma.
La "cultura" del debito ormai tristemente radicata nel nostro modo di vivere, di agire, e purtroppo di pensare.
Liberarsene è più difficile di quanto sembri.
Intanto il debito pubblico aumenta, lo spread sale incessantemente.
Conviene cambiare testa,rispondere  alla cultura del debito con la cultura del lavoro e del sacrificio  se non si vuole tra 10 anni trovarsi di nuovo dove siamo ora.
A terra, da soli.
Nonostante le manovre salvaeuro, l'aumento della pressione fiscale, dei mezzi per la lotta all'evasione.
Per poter funzionare uno Stato necessita di una classe dirigente in grado di portare avanti determinati valori, privilegiando  modelli educativi e comportamentali coerenti, non di una casta di pagliacci sbruffoni e  inclini allo spreco.
 Ai bambini, alle nuove generazioni  si cominci a insegnare il valore del denaro,l'etica del lavoro, del sacrificio, il valore della cosa pubblica.
In famiglia, a scuola, ovunque.
Impariamo ad essere delle brave formiche,in estate e in inverno, non lasciamoci distrarre dall'eco del  canto  di una cicala.(tra l'altro fuori stagione).